Il Dispositivo europeo per la ripresa e la resilienza, la parte più consistente di NGEU, il cosiddetto Recovery Fund, ha avuto il via libera del Parlamento europeo: facciamo un punto della situazione.
Recovery Fund, Una nuova importante tappa
Il regolamento relativo al Dispositivo europeo per la ripresa e la resilienza, ovvero la parte più consistente dello Strumento per la Ripresa (o Next Generation EU: guardate qui, per un po’ di chiarezza terminologica) è stato recentemente approvato dal Parlamento europeo.
Il voto si è tenuto il 9 febbraio ed è stato comunicato il giorno successivo: per chi volesse approfondire, qui (a partire da pagina 377) tutti i dettagli della votazione, che ha incontrato il favore di una larghissima maggioranza di europarlamentari.
La notizia è stata giustamente salutata dai media come un nuovo, importante passo verso la disponibilità di un grosso “pacchetto” di fondi europei, particolarmente necessari per la ripresa economica e sociale dell’Europa e dei nostri territori.
In effetti è una tappa molto importante: si tratta del regolamento che definisce gli obiettivi, gli ammontari e le regole per l’accesso al Dispositivo europeo per la ripresa e la resilienza. Qui il testo della risoluzione e del regolamento, con gli emendamenti proposti dal Parlamento europeo.
È ora attesa l’approvazione formale da parte del Consiglio, prevista nei prossimi giorni e in linea con l’accordo politico già raggiunto a dicembre. Il Regolamento entrerà in vigore altrettanto rapidamente, ovvero il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’UE.
Recovery Fund, i punti principali del regolamento
Il testo del regolamento è lungo e complesso, ma possiamo riprenderne i punti principali seguendo l’analisi del Parlamento europeo (1 | 2), che si focalizza soprattutto sui seguenti elementi:
- Struttura del Dispositivo: 672,5 miliardi di euro in sovvenzioni e prestiti, disponibili per finanziare misure nazionali volte ad alleviare le conseguenze economiche e sociali della pandemia. Le sovvenzioni ammonteranno a 312,5 miliardi di euro e i prestiti a 360 miliardi di euro. Potete trovare qui informazioni più dettagliate per quanto riguarda la disponibilità dei fondi in Europa e in Italia;
- Tempistica: la totalità dei fondi dovrà essere impegnata entro la fine del 2023 e la totalità dei pagamenti effettuata entro la fine del 2026. I piani nazionali (per l’Italia, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, PNRR) andranno presentati entro il 30 aprile. I pagamenti verranno effettuati sulla base del mantenimento degli obiettivi e della tempistica stabiliti dal piano. Tuttavia, saranno ammissibili al finanziamento anche progetti e misure nazionali in risposta alla crisi del Covid-19 avviati a partire dal 1 ° febbraio 2020. Inoltre, i paesi potranno richiedere un prefinanziamento pari al 13% dell’importo totale, pagato all’approvazione finale del Piano;
- Ambiti tematici: le azioni dovranno avere un impatto duraturo in termini sociali, economici, ambientali ed includere riforme globali e un solido pacchetto di investimenti. Sono previsti sei principali ambiti d’intervento: transizione verde (che dovrà coprire al minimo il 37% del budget); trasformazione digitale (minimo 20% del budget); crescita intelligente, sostenibile e inclusiva; coesione sociale e territoriale; resilienza e preparazione alle crisi; politiche per le nuove generazioni, istruzione e competenze.
I meccanismi di controllo
Uno degli aspetti più interessanti e rilevanti del regolamento riguarda i molteplici meccanismi di controllo sull’efficacia del Dispositivo. Il loro obiettivo è garantire un uso virtuoso dei fondi ed evitare che il cosiddetto Recovery Fund diventi uno “sportello automatico” per interessi nazionali o di parte. In particolare:
- i paesi dovranno utilizzare i fondi in linea con le priorità dell’UE (come già ricordato) e tener presenti, nei piani nazionali, le più recenti raccomandazioni-paese fornite dalle istituzioni europee;
- gli Stati membri dovranno debitamente motivare e giustificare (con spiegazioni qualitative e quantitative) il modo in cui i loro piani rispondono alle sfide e priorità così individuate;
- la disponibilità dei fondi è vincolata al rispetto dello stato di diritto e dei valori fondamentali dell’UE;
- i piani nazionali saranno valutati dalla Commissione (in prima istanza) e approvati dal Consiglio. I criteri di valutazione sono quelli classici (come nei progetti europei): pertinenza, efficacia, efficienza, coerenza e sostenibilità (ovvero, dovrà essere data prova che traguardi e obiettivi conseguiti vengano mantenuti);
- gli Stati membri dovranno rispettare tempistiche e obiettivi previsti nel piano per aver garantito l’accesso ai fondi, e dovranno ufficialmente riferire due volte all’anno sui progressi compiuti;
- la Commissione europea è responsabile del monitoraggio dell’attuazione del Dispositivo e condividerà le informazioni con Parlamento e Consiglio;
- è previsto un sistema integrato di informazione e monitoraggio sull’uso dei fondi e sul raggiungimento degli obiettivi, messo a disposizione dalla Commissione agli Stati membri;
- la Commissione si impegna a fornire rapporti annuali e relazioni periodiche riguardo all’attuazione del Dispositivo;
- gli Stati membri dovranno evitare e correggere un disavanzo eccessivo, mantenendo ordine nei conti pubblici e perseguendo un programma di aggiustamento macroeconomico;
- la modifica del piano di uno Stato membro è possibile, ma deve essere giustificata in modo solido, valutata dalla Commissione e approvata dal Consiglio.
Indicazioni più specifiche sono fornite nelle linee guida della Commissione europea per gli Stati membri, recentemente pubblicate in una versione più completa ed aggiornata, che chiarisce soprattutto gli elementi contenutistici e tecnici attesi dai piani nazionali.
Cosa ci aspetta?
Quali conclusioni trarre da questa sintetica lettura del documento?
La prima, è che il cosiddetto Recovery Fund seguirà, nella sua concezione e nei suoi principi, una strada molto simile a quella dei progetti europei. La lettura dei meccanismi e dei criteri previsti per l’utilizzo dei fondi richiama da vicino quella che abbiamo ricordato essere la ragion d’essere dei progetti europei, fin dalle prime pagine della nostra Guida: non una “scorta di fondi” a disposizione per qualsiasi tipo d’intervento, ma un modo per realizzare gli obiettivi e le priorità strategiche dell’Unione europea e fornire una risposta concreta ai bisogni reali dei cittadini europei, collettivamente intesi.
La seconda, è che si tratta di un percorso non semplice, che richiede serietà e impegno. Molti di noi sanno, per esperienza diretta, quanta serietà e impegno richiede l’utilizzo dei fondi europei su un singolo progetto: ebbene, questo approccio vale, a maggior ragione, per il cospicuo ammontare di fondi messo a disposizione del nostro paese nell’ambito del Dispositivo europeo per la ripresa e la resilienza. La nostra recente disamina del concetto di “capacità di assorbimento” – che rappresenta evidentemente un vulnus per il nostro paese – è esemplificativa degli sforzi che abbiamo davanti.
Infine, il nostro paese si trova in una fase politica molto particolare: quanto abbiamo recentemente pubblicato in merito a Next Generation EU, al Recovery Fund e al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza resta valido nei termini generali, ma è evidente che è attesa un’ampia rivisitazione del Piano per quanto riguarda l’Italia. Le parti finali del nostro intervento (a partire della sezione “Contenuti – quadro provvisorio per l’Italia”) saranno probabilmente modificate una volta definito il nuovo assetto politico del paese.
Alla luce di questa nuova tappa e dei contenuti del Regolamento appena approvato, ci auguriamo che i prossimi mesi ci portino a sfruttare pienamente questa opportunità unica di rilancio offerta dai fondi europei del Recovery Fund.