Ci aspetta un’estate ricca di eventi-chiave per i fondi europei nel difficile contesto di una crisi di governo. Che cosa succederà?
Che cosa doveva succedere quest’estate
Come abbiamo spiegato e spiegheremo ulteriormente nei prossimi articoli, quest’estate si preannuncia particolarmente importante per il dispiegamento dei fondi europei in Italia: siamo infatti nella fase più importante della realizzazione delle riforme e delle azioni previste dal PNRR e si aspetta l’approvazione dei POR, dei PON e del Piano Strategico Nazionale, necessari all’esecuzione dei Fondi Strutturali e dei Fondi agricoli e rurali.
Che cosa succederà ai fondi europei, alla luce dell’attuale crisi di governo?
È stato identificato il 25 settembre come data per le prossime elezioni politiche. Oltre alla conclusione di un mandato governativo nato all’insegna del buon utilizzo dei fondi europei, la crisi dà dunque il via a una campagna elettorale che assorbirà parte del tempo di molti rappresentanti politici e istituzionali. La prima seduta del Parlamento si terrà in prossimità del 15 ottobre e occorrerà un po’ di tempo per la formazione, votazione e insediamento di un nuovo Governo.
Nel frattempo, l’attuale Governo resterà in carica per il disbrigo degli “affari correnti”: potrà continuare a attuare provvedimenti in scadenza, già previsti o necessari a evitare al paese crisi o problemi più gravi. Da una parte, tale definizione è flessibile e può includere quanto necessario all’attuazione del PNRR e alla programmazione dei fondi europei. Dall’altra, la fase di transizione e la prospettiva di un nuovo governo (risultante da elezioni che si annunciamo politicamente molto combattute) creeranno incertezze strategiche e rallentamenti operativi nella gestione dei fondi europei.
La crisi di governo ha toccato direttamente anche le iniziative promosse dalla nostra Guida, rimandate all’autunno proprio perché le prospettive riguardanti i fondi europei in Italia risultano al momento minate da quadro istituzionale altamente instabile e incerto.
Il nodo principale: il PNRR
Iniziamo dalla prima, più ovvia e importante delle possibili criticità: l’esecuzione del PNRR.
Il PNRR è la principale fonte di fondi europei per l’Italia in questo settennio: ha una natura unica ed è il risultato di un periodo di particolare sofferenza economica e sanitaria, in virtù del quale il nostro paese ha ottenuto in sede europea una dotazione di fondi eccezionale, intesa come volano per riforme e investimenti. Il PNRR “vale” circa 200 miliardi di euro (includendo sovvenzioni, prestiti e cofinanziamento nazionale), ovvero circa la metà di tutte le risorse riconducibili ai fondi europei in Italia in questi anni.
Purtroppo, l’esecuzione del PNRR e le relative risorse corrono dei rischi. Infatti, come ricordato dallo stesso Presidente del Consiglio e dal Ministro per i Rapporti col Parlamento del governo uscente (così come in molti dei nostri articoli sul tema), l’erogazione dei fondi del PNRR avviene a “tranche”, condizionate al rispetto di un complesso sistema di indicatori (milestones e target) legati all’attuazione delle misure del PNRR (investimenti e riforme – di cui è possibile seguire qui l’andamento).
Le riforme necessitano di un ampio accordo parlamentare e dell’intervento del Governo per essere lanciate, formulate, approvate e rese operative. Gli interventi prevedono un ruolo-chiave da parte delle strutture governative, sia in quanto Amministrazioni Titolari (Ministeri e Presidenza del Consiglio sono i responsabili ultimi dell’attuazione di tutte le misure), sia in quanto Soggetti Attuatori (le amministrazioni centrali si occupano operativamente dell’avvio e dell’attuazione di circa un terzo degli interventi). L’esborso dei fondi del PNRR necessita dunque di un Governo e di un Parlamento coesi, efficaci e, per così dire, in buona salute.
Perché l’esecuzione del PNRR è a rischio
Nell’attuale situazione, le strutture di governo uscenti (Ministeri, Presidenza del Consiglio e struttura di governance del PNRR) avranno più difficoltà e meno concentrazione nel lanciare e nel gestire gli interventi, ovvero in molti casi, grandi investimenti infrastrutturali di portata strategica e pluriennale. Di cui, ai fini del PNRR, non è solo necessario seguire il buon utilizzo dei fondi, ma anche l’effettivo raggiungimento di obiettivi e risultati.
Il Governo e il Parlamento (in seno al quale si sono manifestate importanti fratture di natura politica) avranno difficoltà a lanciare, approvare e applicare le riforme, su cui erano già erano stati raggiunti faticosi accordi. Un Governo dimissionario fatica a imporre a un Parlamento diviso una visione su temi di riforma particolarmente “caldi” nel dibattito politico. Ad esempio, non può ricorrere allo strumento della fiducia per favorire la conversione dei decreti-legge da parte del Parlamento.
Le tranche di fondi PNRR che potrebbero essere a rischio nel prossimo periodo di “vacanza” istituzionale sono quella di giugno (21 miliardi di euro), attualmente da incassare dopo il raggiungimento di 45 obiettivi e quella di dicembre (19 miliardi), soggetta al raggiungimento di altri 55 obiettivi; oltre a tutte le successive, che daranno la misura dell’efficacia del prossimo governo in carica. L’attuale governo era stato voluto da un’ampia maggioranza con lo scopo specifico di affrontare la sfida del PNRR. Cosa che è stata avviata non senza difficoltà, ma centrando i primi obiettivi: l’adozione e l’approvazione del PNRR nei tempi previsti, l’avvio di riforme e investimenti e l’esborso, a oggi, di circa 46 miliardi di euro.
L’attuale crisi lascia in sospeso (in varie fasi del processo di conversione in legge e attuazione) molti provvedimenti e riforme vincolanti ai fini dell’esborso delle tranche di fondi del PNRR. Provvedimenti e riforme riguardanti, ad esempio, gli istituti di ricerca, ricovero e cura, la giustizia e il processo tributari, il codice della proprietà industriale, la concorrenza, il processo penale, l’ordinamento giudiziario, lo spettacolo, le infrastrutture, la mobilità, le concessioni e le infrastrutture autostradali e l’accelerazione dei giudizi amministrativi e le semplificazioni fiscali.
Gli altri possibili effetti negativi
Questi effetti negativi, particolarmente evidenti e immediati, si accompagnano ad altri potenziali criticità, che potranno manifestarsi in misura variabile a seconda dell’evoluzione della situazione politica.
Come già ricordato in passato, i pregressi dell’Italia in termini di utilizzo efficace dei fondi europei (e in generale, dei fondi pubblici) non sono incoraggianti. L’Italia utilizza i fondi europei meno efficacemente rispetto ad altri paesi e ha un alto debito pubblico, che è in parte il risultato di una spesa pubblica che non ha saputo produrre nel tempo effetti positivi e sostenibili.
Un governo di unità nazionale e credibile in sede europea era percepito (fin dagli inizi della sua formazione) come una condizione importante per dare fiducia a osservatori europei preoccupati da tali pregressi, per raccogliere il consenso necessario a riforme di ampio respiro e per destreggiarsi efficacemente nella gestione tecnica del PNRR. Nuovi equilibri (o squilibri) politici potrebbero non portare alle stesse condizioni, col rischio di perdere un’opportunità unica in termini di risorse e strumenti per realizzare investimenti e riforme.
Una prospettiva di rischio su questi aspetti (per quanto non ancora concretizzata) può avere ulteriori effetti molto negativi. Peggiorerebbe le prospettive dell’Italia in termini di crescita e di conti pubblici, con il possibile avvio di una spirale negativa, in una congiuntura internazionale che sappiamo essere particolarmente critica.
Inoltre, come già ricordato, un utilizzo cattivo o “disutile” delle risorse nell’ambito del PNRR non implica soltanto uno spreco, ma pone il problema ulteriore “di dover ripagare debiti per cui non si sia realizzato, in resi, il ritorno atteso dell’investimento”.
Infine, NGEU aveva inaugurato un nuovo “concetto” di fondi europei, aprendo di fatto la strada ai cosiddetti “eurobond”, da tempo fortemente voluti dal nostro paese. Un possibile fallimento del PNRR in Italia sarebbe anche un fallimento strategico di una visione d’Europa da cui tutti noi traiamo (o trarremmo) beneficio.
Fondi strutturali e fondi rurali
Diverso, per quanto non positivo, il discorso per quanto riguarda i Fondi Strutturali (FESR, FSE+) e i Fondi Rurali (FEASR, FEAGA).
Un possibile impatto della crisi di governo può sussistere nella misura in cui: 1) una parte della gestione dei Fondi Strutturali, quella relativa ai PON, è affidata alla gestione dei Ministeri competenti nelle varie aree tematiche; 2) a partire dal prossimo anno il Ministero dell’Agricultura avrà un ruolo più forte nella gestione dei fondi agricoli e rurali, nell’ambito della riforma della “nuova PAC” 2023-2027.
Sono dunque possibili assestamenti e ritardi sia nel lancio di bandi e azioni nell’ambito dei PON; sia nella finalizzazione, nel lancio e nell’utilizzo dei fondi della “nuova PAC”.
Fortunatamente, l’Accordo di Partenariato che regola a livello nazionale l’utilizzo dei Fondi Strutturali è stato recentemente approvato. L’approvazione dei POR e dei PON da parte della Commissione europea dovrebbe essere completata tra i mesi di luglio e settembre.
Sono invece ancora in corso gli scambi tra Ministero dell’Agricoltura e Commissione europea per la finalizzazione del nuovo Piano Strategico Nazionale della PAC.
Una grande speranza
Come abbiamo più volte ricordato, il Dispositivo per la ripresa e la resilienza e il PNRR rappresentano un’occasione da non perdere. Perderla avrebbe oggettivamente conseguenze gravi, in termini di opportunità mancate e di successive ripercussioni sistemiche.
Ci auguriamo che la speranza in un utilizzo efficace di questa opportunità resti viva e si concretizzi, pur nei mutati scenari politici, e che le nostre istituzioni sappiano rendere onore alle capacità di visione e di progettazione del nostro paese.