All’alba di un nuovo periodo di programmazione, l’europrogettista è una figura professionale quantomai necessaria. Come lo si diventa?
Ritratto di un europrogettista
Abbiamo già affrontato questa tematica in due precedenti post: uno dedicato alla necessità di un europrogettista per la scrittura di un progetto e uno dedicato alle caratteristiche della professione di europrogettista. Cerchiamo di riprenderne alcuni degli elementi importanti, per inquadrare meglio l’identikit di un europrogettista e rispondere alla domanda: come lo si diventa?
In primo luogo, in un europrogettista è molto importante (e ricercata) la precedente esperienza nella scrittura di progetti europei: può essere dunque essere difficile “rompere il ghiaccio” con i primi progetti.
In secondo luogo, l’europrogettista deve sicuramente avere una buona conoscenza delle procedure e delle fonti di finanziamento proprie dei progetti europei. Può aver intrapreso un percorso di formazione o aver sviluppato questa competenza con la pratica. Non è però, questa, una caratteristica che ne fa un “tecnico” in grado di operare in modo avulso dal contesto.
Infatti l’europrogettista è anche (e forse soprattutto) una persona che conosce e capisce il settore, l’ambiente, le capacità, i bisogni e gli obiettivi di un’organizzazione; e che su questa base “progetta” un’azione pilota capace di un impatto più ampio, in termini di trasformazione del modo (e del mondo!) in cui opera l’organizzazione stessa.
L’europrogettista si caratterizza inoltre per alcune caratteristiche trasversali fondamentali: la versatilità e la facilità nel trattare e spiegare idee, tematiche e approcci; l’eccellente uso della lingua scritta; le capacità relazionali e di organizzazione di un lavoro in squadra; il rigore metodologico e procedurale.
Quindi, come si diventa europrogettista?
Come conseguenza di questo “identikit”, è chiaro come non esista un solo modo per trovarsi a lavorare nell’europrogettazione né un solo modo per essere europrogettisti. Le provenienze e le esperienze possibili sono tante quante sono le persone che si definiscono “europrogettisti”. Ognuno deve trovare la propria via all’europrogettazione: vediamo insieme alcuni consigli su come cercarla.
L’europrogettista “Coltiva” un settore
La difficoltà più frequente è quella di “rompere il ghiaccio” con i primi progetti europei.
Per chi ha seguito un corso di europrogettazione, è spesso possibile mettersi alla prova con un lavoro pratico alla conclusione del corso stesso: può essere questo uno dei criteri di scelta di un corso di europrogettazione utile e serio. Per poter “rompere il ghiaccio”, è importante che questo lavoro non sia un esercizio scolastico ma che possa essere calato in una realtà concreta, conosciuta e con la quale si abbia la possibilità di interagire operativamente.
L’europrogettazione non è mai un’attività avulsa da un contesto: la conoscenza di programmi, procedure, strumenti di progettazione e fonti di finanziamento è un mezzo, non un fine. I progetti nascono da idee concrete e per proporre una buona idea bisogna conoscere l’ambito in cui si opera.
Consigliamo dunque di valorizzare al massimo l’impegno in un determinato settore di predilezione: che esso sia frequentato per motivi professionali o nell’ambito del volontariato o dell’associazionismo, è normalmente il terreno migliore per mettere a frutto le conoscenze acquisite nel campo dell’europrogettazione. Ed è il miglior punto di partenza quantomeno per “rompere il ghiaccio”.
L’europrogettista si tiene pronto e aggiornato
Un buon progetto è molto spesso il risultato di un’attività svolta bene, che fa nascere nuove idee, che a loro volta incontrano i partner giusti e finiscono nelle mani giuste: quelle di una persona che ha il bagaglio di conoscenze per trasformare tutto questo in un progetto europeo.
È dunque molto importante essere pronti a “cogliere l’attimo”, tenendosi aggiornati su programmi e bandi nel proprio settore di predilezione, in modo da avere ben presente il ventaglio di possibilità a disposizione una volta che l’opportunità o la buona idea si presentano.
Tuttavia, poiché la fortuna va accompagnata, è anche importante portare avanti una continua attività di networking – o quantomeno, mantenere un approccio di massima apertura – nei confronti delle organizzazioni che operano nel settore e delle buone pratiche che vi si sviluppano.
In questo modo si hanno maggiori elementi per far nascere una buona idea e per poi svilupparla in un progetto: che richiede una grande consapevolezza del valore aggiunto della proposta e la conoscenza dei partner giusti per realizzarla.
L’europrogettista deve sviluppare competenze trasversali
L’europrogettazione è, in ultima analisi, un “raccoglitore” di competenze trasversali. Per essere pronti e appetibili in quanto europrogettisti è molto importante dedicare tempo ed energie per sviluppare queste competenze. Di cosa si tratta? La lista non è univoca, ma c’entrano senz’altro:
- Le capacità redazionali: capacità di analisi approfondita di una determinata tematica, dei fenomeni connessi e degli impatti attesi; capacità di farlo in modo chiaro e preciso, con gli elementi quantitativi necessari, ma anche con chiarezza e (perché no) con una certa dose di passione, “storytelling”, visione della proposta anche in quanto “filone narrativo”;
- Le capacità nell’utilizzo degli strumenti informatici (elaborazione di testi, fogli di calcolo, presentazioni, portali specifici e altro ancora): questo, così come il punto precedente, non è affatto un elemento scontato (almeno, al livello qualitativo richiesto per elaborare un buon progetto) – per quanto possa sembrarlo;
- Le capacità di organizzazione formale (pianificazione delle risorse, calcolo dei tempi, preventivi di spesa) e informale (lavoro efficace in un team di progetto);
- Le capacità di analisi accurata, precisa, formalmente e terminologicamente corretta di regolamenti e altri testi di natura giuridica e amministrativa: sono un elemento basilare per il successo di un progetto (o almeno, per il suo non-insuccesso);
- Le capacità relazionali: poiché il lavoro di un europrogettista consiste anche e soprattutto nel convincere, trascinare e accompagnare le organizzazioni che gli affidano i loro progetti.
I professionisti del settore
Per chi punta a fare dell’europrogettazione un lavoro “in quanto tale” consigliamo anche di ricercare e curare le relazioni e il networking con le agenzie e i gruppi di consulenti che operano in questo settore: da questi contatti possono nascere buone opportunità per mettersi alla prova.
Infatti il nostro paese manifesta bisogni notevoli nel campo dell’europrogettazione “di qualità”: come dimostrano, del resto, i dati sulla “capacità di assorbimento” dei fondi comunitari. Non tutte le richieste che giungono dai vari attori del territorio possono essere gestite, o convogliate in una direzione corretta ed efficace, o seguite con la cura necessaria. Consulenti o agenzie possono essere molto interessati a candidati, collaboratori o colleghi di supporto che dimostrano capacità negli ambiti richiesti (il paragrafo precedente può dare una mano, vero?); e che magari hanno già “rotto il ghiaccio” con qualche primo progetto.
Non è facile, ma è possibile diventare un’europrogettista
Lavorare nel campo dell’europrogettazione è il frutto di un’alchimia non semplice, non univoca, per nulla “scientifica”, ma che può essere gradualmente sviluppata costruendo le competenze – e sulle competenze – giuste. Ci auguriamo che queste considerazioni portino frutto ai lettori che spesso ci chiedono un consiglio in questo senso.
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