Facendo seguito alla presentazione del progetto comunitario BioEnergyFarm2 in un nostro precedente aggiornamento, pubblichiamo oggi l’intervista a Roberto Moncalvo, Presidente di Coldiretti Piemonte, partner del progetto. Un’esperienza davvero interessante. Buona lettura!
Raccontateci la vostra idea: da cosa è nata, in cosa consiste e perché è diversa? con quale gruppo od organizzazione è stata realizzata?
La produzione di biogas da reflui e scarti zootecnici è un’opportunità in cui Coldiretti ha sempre creduto. In particolare, la produzione di energia da impianti di piccola taglia (<300 kW) si integra perfettamente nell’ambito dell’impresa zootecnica, producendo sensibili benefici ambientali ed economici.
Il concetto è semplice: trasformare un prodotto di scarto in un’opportunità.
In termini ambientali, lo smaltimento ha un impatto sull’aria, sul suolo e sull’acqua (gas serra, nitrati e altre sostanze inquinanti). La digestione anaerobica di reflui e scarti zootecnici riduce significativamente tale impatto, producendo energia rinnovabile.
In termini economici, il costo di smaltimento a carico delle imprese si trasforma in una fonte di reddito addizionale, particolarmente utile in un momento in cui il settore è sottoposto a una notevole competizione sui costi a livello internazionale.
La tecnologia promossa nell’ambito del progetto si è dimostrata particolarmente efficace nel contesto italiano, caratterizzato (rispetto ad altri paesi europei) da imprese agricole di taglia mediamente più piccola e specializzate nel settore della zootecnia. Ma i risultati sono stati eccellenti anche negli altri paesi, caratterizzati da aziende più grandi, con una taglia media degli allevamenti comparabile con quella italiana.
Attraverso quale linea di fondi europei è stata finanziata?
Il progetto BioEnergyFarm2 è stato co-finanziato dall’Unione Europea nell’ambito di Intelligent Energy Europe (IEE), programma attualmente concluso, dedicato a efficienza energetica ed energie rinnovabili. Le sue linee d’azione sono attualmente riprese dal programma Horizon2020. Coldiretti sta infatti attualmente lavorando su Horizon2020 (oltre che su altri programmi comunitari) con vari partner a livello regionale, nazionale ed europeo.
Quali sono state le difficoltà principali incontrate nella presentazione del progetto?
Una delle principali difficoltà nello sviluppare il progetto BioEnergyFarm2 è stata sicuramente la costruzione di un partenariato internazionale solido, composto da soggetti allineati in termini di obiettivi e “mission” del progetto, motivati nell’attuazione delle misure e degli strumenti individuati e dotati delle competenze tecniche necessarie. La mancanza di uno solo dei partner nel rispettare gli impegni assunti può mettere in discussione l’intero progetto e il suo finanziamento da parte delle autorità europee, con grave danno per tutti i membri che compongono il “gruppo di lavoro”. Inoltre, lo svolgimento armonico di un’attività complessa e articolata, che coinvolge un gruppo numeroso di soggetti con diversa esperienza e provenienza geografica, rende necessario un ingente lavoro di coordinamento.
Le attività di progetto sono state di enorme utilità nel comprendere (insieme ad agricoltori e operatori del settore) le condizioni di mercato, a costruire business plan applicabili ai casi concreti, a instaurare un dialogo con i fornitori. Queste informazioni hanno permesso di determinare nuove regole ottimali per l’incentivazione degli impianti a biogas di piccola taglia, oggetto delle attività progettuali. L’attuale legge finanziaria ha fatto proprie queste regole e prevede un incentivo specifico per piccoli impianti (inferiori ai 300 kW) alimentati per almeno l’80% da deiezioni zootecniche. Al contempo la tecnologia si è evoluta in termini di efficacia e costi, adeguandosi all’interesse da parte degli operatori suscitato dal progetto.
Il progetto si è dunque dimostrato, in particolare in Italia, capace di influire significativamente a livello di “policy” del settore e di mercato. Sono attesi a breve i primi impianti, che miglioreranno l’ambiente e la redditività nelle nostre campagne.
Cosa è stato di maggior aiuto in fase di preparazione del progetto europeo?
Durante la fase di predisposizione del progetto abbiamo potuto avvantaggiarci dell’esperienza già maturata in precedenza dal DISAFA (Dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali e Agroalimentari dell’Università di Torino) inserendoci in un gruppo di lavoro collaudato ed affiatato, che aveva già svolto con successo un progetto similare.
Anche in seguito, durante tutti i 34 mesi di lavoro, la collaborazione con il l’Università è stata strettissima e la complementarietà delle competenze ci ha permesso di ottenere ottimi risultati.
In generale, le partnership costruite nell’ambito di questo progetto, così come di altri progetti europei su cui sta lavorando Coldiretti, sono di grande utilità per recepire le idee e le pratiche di altre realtà associative, aziendali e istituzionali. Sono relazioni (a livello regionale, nazionale ed europeo) che nascono e che durano nel tempo. La stessa esperienza acquisita nell’ambito della progettazione ha carattere cumulativo: l’esperienza su un progetto permette di prendere i successivi per il verso giusto, di allargare gli orizzonti e di aprire le porte a nuove opportunità.
Cosa consigliereste a chi vuole finanziare un suo progetto con fondi europei?
Una lettura molto attenta dei bandi, idee innovative, partner affidabili e competenti sono ovviamente gli “ingredienti” necessari.
Il progetto deve essere coerente con i contenuti e gli obiettivi del bando, possedere caratteristiche di innovazione e soprattutto essere realizzabile: occorre fare molta attenzione a ciò che si propone, le attività andranno realizzate ed i risultati raggiunti nei modi e nei tempi descritti. Inoltre l’intero progetto potrebbe essere compromesso dall’inefficienza anche di un solo soggetto attuatore.
Occorre quindi disporre di partner affidabili e prevedere un’attività di coordinamento efficiente, per monitorare costantemente e nel dettaglio l’attività in corso e i risultati che tutti i partner raggiungono. I membri del partenariato devono saper individuare in modo veloce le criticità e le cause che le determinano: sapendo di poter contare su solide capacità (proprie e degli altri partner) per adottare rapidamente i correttivi necessari.